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lunedì 14 dicembre 2015

UZUME, LA DEA DEI MILLE ORGASMI

All'inizio c'è il caos, e gli dei senza nome chiedono a Izanagi e Izanami , la coppia primordiale, di creare il mondo. 
Izanagi chiese a Izanami: -"Com'è fatto il tuo corpo?"-
Izanami rispose: -"Il mio corpo cresce rigoglioso, ma una sua parte non cresce"- 
-"Anche il mio corpo cresce"- disse Izanagi -" ma c'è una parte che cresce in eccesso. Allora mi sembra giusto infilare la parte del mio corpo in eccesso nella parte del tuo corpo che non cresce, e così generare territori"-
Izanami rispose: -"Sono d'accordo"-



Per lo Shinto il mondo nasce dall'incontro di due dei innocenti come bambini. Altri dei, senza nome, li creano sul "ponte fluttuante di prima dell'inizio" e loro  costruiscono una colonna, il pilastro dell'Universo ci girano intorno e fanno l'amore.
Fu così che  nacquero la terra e l'acqua e le diecimila cose. 
Tutto sembra andare per il meglio, ma ad un tratto la storia si fa triste.
Nel partorire il Fuoco, Kagutsuchi カグツチIzanami muore.
Izanagi impazzisce di dolore, con la spada fa a pezzi ("otto pezzi") il figlio e va, come Orfeo, nel mondo sotterraneo dei morti alla ricerca della sposa, la ritrova e, come Orfeo, promette di non guardarla. Izanami confessa di mangiato il cibo degli inferi (e qui il mito ricorda Eleusi, e i semi di melograno dati da Ade a Persefone). In Grecia come in Giappone, chi mangia nell'oltretomba non può tornare nel mondo dei vivi. Chissà perchè.
Colto dal desiderio di vedere per un'ultima volta l'amata, Izanagi accende un fuoco e scopre con terrore che la dolce Izanami si è trasformata nella dea della Morte, un mostro con le occhiaie vuote e la pelle putrefatta. Fugge inseguito dalle shikome ("furie") e riesce, a fatica, a tornare sul "Ponte fluttuante di Prima dell'Inizio".
Piange, Izanagi, un po' per il dolore, ed un po' per purificarsi: dal suo occhio sinistro nasce la grande Madre, Amaterasu 天照, dea del Sole, dall'occhio destro Tsukiyomi 月読, dio della Luna, e dal naso Takehaya Susanoo-no-Mikoto 建速須佐之男命, dio delle Tempeste.



A quanto so Gustav Jung non si è mai occupato di Giappone.
Peccato perché la storia dei due dei bambini e di Amaterasu, sole femmina che nasce dall'occhio sinistro del vedovo, per lui sarebbe stata sicuramente una grande fonte di ispirazione.
 Un giorno la Tempesta e il Sole, Susano-o e Amaterasu, si sfidano. 
Una sfida strana: vince chi riesce a creare più esseri umani.
Con la spada di Susano-o la dea del sole partorisce tre donne mentre il fratello riesce a generare cinque uomini dalla collana di Amaterasu.
Se si usasse il metro della quantità non ci sarebbe gara: 5 a 3 per il dio delle tempeste.
Ma i giapponesi sono strani, Amaterasu viene dichiarata vincitrice.
Forse le femmine valgono di più.
O magari, chissà, la gara era tra la spada (il pene maschile?) e la collana (l'utero? o forse le ovaie?) e non trai due kami.
Comunque sia la dea del Sole vince e lo sconfitto non la piglia troppo bene.
prima distrugge i campi di riso coltivati dalla sorella, poi uccide un cavallo e ne getta la testa nel palazzo di Amaterasu, distruggendo un telaio e uccidendo un'ancella [NB: il sacrificio del cavallo era uno dei riti fondamentali dell'India vedica, e per trasmettere la conoscenza fondamentale, la Madhu Vidya, i rishi Vishnu indossavano la testa di un cavallo....]. 


Amaterasu si infuria e  va a rinchiudersi  nella "grotta di roccia del cielo", Ama-no-Iwato 天岩戸 . 
Il sole smette di splendere sulla terra e questo crea un po' di problemi sia agli uomini che agli dei.
Grossi problemi, la situazione si fa drammatica, ma a questo punto entra in scena Uzume, anzi, per essere precisi, Ame-no-Uzume-no-mikoto, dea dell'alba e del sesso.


Uzume mette uno specchio di bronzo davanti alla "grotta di roccia".

Poi, vestita di foglie, sale su un tino di legno, e battendo i piedi per darsi il ritmo danza pensando ai mille orgasmi e ai mille peni che l'hanno penetrata. 
Danza e si spoglia.
Dalla sua vagina gli umori cominciano a scendere sulle cosce e più giù, fino alle ginocchia..
I galli da combattimento recitano il Norito mentre gli dei, eccitati, ridono, gridano e applaudono.
Amaterasu è incuriosita, apre la porta di roccia per dare un'occhiata e rimane abbagliata dalla sua stessa luce, riflessa dallo specchio di Uzume.
 Ameno-Tajikarawo, il  dio" dalla potente mano", afferra Amaterasu e sigilla la grotta di Roccia.



Il sole ricomincia a splendere sulla terra e il dio delle Tempeste viene cacciato dal Paradiso.
Scende in un mondo inferiore e incontra due vecchietti, moglie e marito, disperati: c'è un drago, Yamata no Orochi 八岐の大蛇, con otto teste e otto code che da otto anni pretende di mangiarsi una delle loro figlie, una ogni anno.. Otto ne avevano e adesso gliene è rimasta solo una.
Susano-o affronta il drago (prima lo fa ubriacare di sakè secondo alcune versioni o è già ubriaco di suo, secondo altre fonti), lo uccide e gli taglia le teste e le code.
Nella quarta coda (o nell'ottava...) trova una spada meravigliosa, Ama no Murakumo 天叢雲剣, la "Spada del Paradiso" (detta anche Kusanagi o" spada del sel serpente") la piglia e la porta alla sorella, Amaterasu, come dono di riconciliazione.



I tre oggetti che compaiono nel mito, la spada di Susano-o, la collana di Amaterasu e lo specchio di Uzume, per un giapponese sono più sacri di qualsiasi altra cosa. 
Neppure la vita dell'imperatore è così importante. 


Quando mi sono messo a studiare la storia di Amaterasu, Uzume e Susano-o mi ha subito colpito la somiglianza con i miti indiani (e greci...)
Certo, i miti ci raccontano sempre le stesse cose, ad ogni latitudine, ma qui, a volte, anche i nomi si assomigliano in maniera "imbarazzante"
Cominciamo da Susano-o e la Spada del Paradiso.
Il duello tra il dio delle Tempeste e il "Serpentone" ricorda assai quello tra Indra (dio vedico del fulmine e delle tempeste) e il mostro a tre teste Viśvarūpa.

La spada del serpente/dragone si chiama Kusanagi.
In sanscrito serpente/dragone si dice naga ed uno dei molti modi di chiamare la spada è khuḍa, con la "" palatale.
Certo non significa niente, ma se si va a leggere il Kathasaritsagara di Somadeva, una raccolta di fiabe e leggende shaiva, si scopre che la "spada del Paradiso", apparteneva al re dei NagaPārāvatākśa...
Per ciò che riguarda la collana magica di AmaterasuMagatama, la"gemma ad otto curve(?)" il riferimento alla ghirlanda delle Matrika dello yoga mi sembra assai plausibile: le sedici dee/vibrazioni del chakra della gola, danno vita alla manifestazione grossolana, ovvero ai cinque elementi, le cinque percezioni, le cinque azioni, i cinque corpi (kosha) così come il gioiello della dea del Sole dà vita a cinque esseri umani. 
Ma se si osserva la forma di Magatama ci verranno sicuramente  in mente altri riferimenti suggestivi...






E lo specchio di Uzume?
Yata no Kagami o "specchio delle otto mani" è  il terzo oggetto sacro dello Shinto. Le valenze simboliche dello specchio e del numero 8 (che in questa storia ricorre frequentemente) sono moltissime, ma la prima  cosa che  mi è saltata agli occhi è la somiglianza tra la danza erotica di Uzume e quella di Usha, la dea dell'Alba Indiana  che sconvolge il creatore Brahma nel Kalika Purana: come un attore che muta accento e costumi per assecondare il gusto del  pubblico straniero, così la dea ritocca il trucco e cambia, appena, il nome (UshaUzume), ma resta identica a se stessa, nel gesto, nello sguardo e nel sorriso.
In ogni tempo e in ogni luogo.  



domenica 13 dicembre 2015

OMAGGIO ALLA DEA

 Shankara Bhagavadpada
TRIPURASUNDARĪSTOTRA*
traduzione/interpretazione di Paolo Proietti


Cerco rifugio in Tripurasundari, la Bella Dei tre mondi, Sposa dell'Uno dai Tre sguardi.Come una nube vaga nella Foresta di Kadamba e  riempie il cielo del cuore dei mille e mille saggi. 

Nemmeno la Montagna resiste alla forza dei suoi fianchi. 
Le signore del cielo sono al suo servizio. 
I suoi occhi sono fiori di loto in boccio e scura, come la nube gonfia di pioggia, è la sua pelle.












Cerco rifugio in Tripurasundari, la Bella dei tre mondi, Sposa dell'Uno dai tre sguardi. 

Vive nella foresta di Kadamba e non è in nessun luogo. 

Lei dai grandi occhi, ed al collo impreziosito da mille e mille gemme  suona un liuto [vīnā] d'oro e con le gote arrossate dal vino misericordioso,dona ricchezza ai suoi devoti.



Nessuno può difendersi da Colei che vive nella foresta di Kadamba. 
I suoi seni pesanti di mille e mille gemme scintillanti si innalzano,

fieri come il sole del mattino.
 Anche la Montagna si arrende alla sua grandezza. 

Lei, la sempre compassionevole,  canta, con le guance accese dal vino.

E dolci  sono  i suoi canti, gioiosi alcuni, scuri come la nube gonfia di pioggia altri. 



Cerco rifugio in Tripurasundari, la Bella dei tre mondi, Sposa dell'Uno dai tre sguardi. 
Colei che  nella foresta di Kadamba, seduta nel cerchio d'oro, vive nei sei fiori di loto. 



 Lei sulla cui fronte risplende la luna piena, bella come il sacro fiore di jaba. svela il supremo potere come il fulmine





Prendo Rifugio in Lei , dalla dolce parola,  figlia del saggio Matanga
Sul suo petto poggia il liuto d'oro, 
I capelli, scomposti, cadono, sulle spalle. 
Lei che abita nel loto è la distruttrice dei malvagi e i suoi occhi arrossati dal vino, sedurranno anche il nemico di Amore. 



Prendo rifugio in Tripurasundari, la Bella dei tre mondi, Sposa dell'Uno dai tre sguardi. 
La vedo Vergine, al primo sangue. 
Gocce di sangue arrossano la sua veste blu. 
In mano la coppa del vino. 
Gli occhi si rovesciano. 

I suoi seni  forti ed alti. la pelle scura, i capelli scomposti, baciati dal muschio.
Prego la Madre e  mi appare Lei , luminosa come l'ibisco scarlatto.

Zafferano e sandalo sul suo corpo divino. 
Oh Madre dagli occhi che ridono, incantatrice di mille e mille uomini. 

Oh Madre dalla rossa ghirlanda e vesti e gioielli , tu che rechi la freccia e l'arco e il cappio e il pungolo, le signore del Cielo sono al tuo servizio. 



Tu,  sposa di Indra, con abile mano intrecci i tuoi capelli . 

Tu, sposa di Brahma, li cospargi di sandalo profumato. 
Tu sposa di Visnu, li adorni con nastri e gioielli. 
Io ti adoro, Madre del mondo.


Shodashi mantra: 

 

KA E I LA HRIM HA SA KA HA LA HRIM SA KA LA HRIM 


SORPRESE

Con la conferenza di Roma a Spazio Interiore del 3 dicembre e il Workshop allo Studium di Mestre  (12 dicembre), stiamo viaggiando verso le 200 copie firmate e dedicate del mio libro, Tantra la Via del Sesso.
Considerando che il libro è uscito a ottobre e che si tratta , in fondo, di un testo tecnico, credo sia un risultato eccezionale.
Ecco cosa scrive il Maestro Claudio Cedolin Ganapati, direttore del Corso di Formazione insegnanti di Yoga di Mestre:

"Corso Insegnanti Yoga..oggi al centro yoga Studium lo Yogi Daoyin Di Paolo Proietti. Maestro di Tantra, danzatore cosmico: grazie! Siamo entrati nelle profondità dell'Hatha Yoga e del Mantra"

Grazie!!!!!!!


MESTRE









SAN BENEDETTO - ACCADEMIA DI ARTI MARZIALI GIUSEPPE GIOSUE'










ANCONA - LIBRERIA DEL BENESSERE

 








TERNI SCUOLA DI YOGA INTEGRATO DIRETTA DA EMANUELA PROIETTI






martedì 20 ottobre 2015

L'ONDA DELLA BELLEZZA

TANTRA LA VIA DEL SESSO - Aldenia Edizioni.
PARTE QUARTA – L’ONDA DELLA BELLEZZA - Introduzione
“Nemmeno la Montagna resiste alla forza dei suoi fianchi.
Le signore del cielo sono al suo servizio.
I suoi occhi sono fiori di loto in boccio e scura, come la nube gonfia di pioggia, è la sua pelle“
(Śaṇkara - TRIPURASUNDARĪSTOTRA)

Nel Tantra, le posizioni sono sillabe e le sillabe sono divinità. L’Universo è Musica e i fenomeni, i pensieri, i sentimenti, non sono altro che accordi del Canto della Dea, quella meravigliosa melodia che noi chiamiamo vita. Ogni nostro gesto, ogni nostra parola, è un Canto sacro, e la sofferenza, il disagio, le difficoltà con le quali ci scontriamo ogni giorno nascono solo dalla nostra incapacità di intonarci. Secondo la Chāndogya Upaniṣad (uno dei testi più antichi dei Veda), sono sette i diversi modi di intonare il Canto: quello “Mugghiante”, simile ai suoni degli animali è caro ad Agni il Dio del fuoco.
Poi c’è quello “Indistinto” dedicato a Prajapati, il Signore delle Creature. Il Canto “Distinto” è di Soma, Divinità della Luna e dell’ebrezza, il “Canto Dolce e Delicato” di Vāyu, Dio del Vento, il “Canto Delicato, ma Forte” di Indra, Dio delle tempeste. Simile al “Grido dell’Airone” è invece il Canto di Brihaspati, Dio della Pietà e della Devozione. Il settimo canto, da evitare con cura, è, infine, il “Canto Stridente”di Varuna. Delle sette modalità di canto proposte dalla Chāndogya Upaniṣad solo quest’ultima” crea conflitti (una possibilità su sette. ci sono più possibilità di azzeccare un numero gettando il dado) e a giudicare da ciò che si sente in giro noi esseri umani scegliamo spesso e volentieri, proprio quella. Invece di godere della Grazia e della Bellezza che ci spettano (spetterebbero) per Natura, preferiamo una vita di ansia e sofferenza (Asaman direbbero i ṛṣi vedici, “non melodiosa”). Per il Tantra ogni incontro, ogni dialogo, ogni sguardo è una possibilità di accordarsi all’Armonia dell’Universo. Ogni gesto, anche il più piccolo, potrebbe trasformarsi in un Atto d’Amore, sacro di per sé. Cosa è che ci spinge, invece, a scegliere il “Canto Stridente”? A creare conflitti anziché arrendersi alla Gioia? Rinunciare alla Gioia è il più grande crimine che l’essere umano possa compiere. L’Universo del Tantra è Amore e Gioia, ed è racchiuso nel nostro cuore. Quando rifiutiamo l’Amore interrompiamo il flusso della vita e creiamo disarmonia. Di qualunque natura sia il motivo che ci spinge a non dare ascolto alle ragioni del cuore, ogni volta che non ci arrendiamo alla gioia commettiamo un crimine.
Il Canto della Dea è un’Onda, possiamo tentare di resisterle, generano dolore, o decidere di abbandonarsi al suo eterno fluire, come un amante si scioglie negli occhi dell’Amata. “Abbandonarsi”, “arrendersi”, “seguire il flusso”… sono le parole chiave del Tantra, ma per noi, che della volontà individuale abbiamo fatto un mito, sono sinonimi di debolezza. La nostra esistenza si trasforma spesso in una corsa al successo personale, e la smania di controllare la vita, nostra e altrui, ci condanna all’infelicità e al dolore. L’Onda della Dea non si può arginare, la si può solo osservare.
Da bambino passavo le ore a guardare il mare. La risacca si lasciava dietro un sacco di cose, mucchi di alghe, corde, ossa di pesce scolorite, che sole e salmastro incollavano agli scogli. Al tramonto si facevano facce, alberi o draghi antichi. Sembravano lì da sempre. Mi affezionavo a quei guardiani scolpiti dal mare. Poi l’onda del libeccio li strappava via. Restava solo lei, l’onda, che sbatteva sulla scoglio, si ritraeva, senza fretta. e si alzava per rovesciarsi di nuovo. Ciò che noi diciamo di amare, gli oggetti a cui ci attacchiamo, sono i ricordi del passato e le illusioni del futuro: mucchi di alghe, corde, ossa di pesce scolorite, che l’Onda della Dea, lascia sulla scogliera, per un giorno, dieci, forse cento, per ripigliarseli, prima o poi, e disperderli nell’Oceano Senza Sponde dell’Isola delle Gemme. Il Tantra strappa i ricordi dalla carne. La vibrazione delle sillabe, dei mantra, dei gemiti dell’Amata, è il ritmo dell’Universo. Va sentita col respiro, col cuore, con le viscere. allora la mente si fa ritmo. La mente è il Mantra.

lunedì 21 settembre 2015

L'AMANTE INDIANA






"la via del cielo è un arco che si tende.
L'alto è spinto in basso e il basso è spinto in alto.
toglie quel che è in più e aggiunge quel che manca [...]
Chi conosce la propria forza di maschio e conserva il suo posto di donna
è come l'alveo profondo del mondo,la sua forza non cesserà più"

Lao Tzu - Tao Te Ching


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"Arrivava così. all'improvviso.
Suonava il campanello e mi sbatteva in faccia il Suo sorriso indecente..
Lo facevamo lì, in piedi, sull'uscio.
Poi, senza quasi salutarmi, si rivestiva. "A presto", diceva..


A volte entrava come una ladra,di notte.
Mi svegliavo e me la trovavo a fianco.
Non riuscivo a fermarla che per poche ore.
Una notte al massimo.
Senza di Lei la noia.
con Lei, a volte, la paura.


Un giorno ( c'era stato un terremoto, cos'era l'84?) è arrivata con la valigia, decisa a fermarsi.
E me ne sono andato io. Sono scappato.
Avevo paura...
Ero troppo giovane, forse....o troppo saggio.
Due, tre, sette anni ..e non rammento neppure il suo nome.

Come un fiume tranquillo l'oblio scioglie il rimpianto.
Così il Suo sorriso, indecente, si fa storia da raccontare e le Sue labbra, un disegno sgualcito..






Agosto 1996, pomeriggio . Fa caldo, ricordo, un caldo infernale, non piove da mesi. Poi la sua voce,al telefono. Comincia un viaggio assurdo: Hong Kong, Singapore, Bangkok, Istanbul....mi fa girare mezzo Oriente...

Sento il suo profumo nelle stanze d'albergo, nei Templi, nei musei...ma Lei non c'è. Penso che si sia offesa... Penso che si stia vendicando....
E invece no. vengo a sapere che è a New York, Vengo a sapere che mi aspetta.

Fa la danzatrice, adesso.
Balliamo insieme.
Mi sembra di essere vivo per la prima volta.
Lo sarò per sempre, giuro...Lo sarai per sempre, giura.
E invece.... dopo un paio di mesi....
solo un biglietto: "a presto!"


Come un fiume tranquillo l'oblio scioglie il rimpianto, ma prova un po' a perdere un amore ritrovato! Il cuore, fatto pietra, torna carne, viva, e per l'Amante, risvegliato al dolore, non c'è più giorno né notte.
..Non l'ho più vista né sentita...

Fino a pochi giorni fa, almeno!

La credevo in Tibet, o in Giappone,.e me la sono ritrovata in casa.
Aveva le chiavi (non ricordo neppure quando gliele ho date).
Senza dire una parola ha svuotato le valigie e riempito gli armadi.
Sembra decisa a restare.





Ieri mi ha detto che aspettavamo ospiti importanti ...ma non sono venuti. .
O forse sono venuti e non ce ne siamo accorti.
O forse sono sempre stati qua.
Chissà.
Lei, lo sa, ne sono certo (a volte mi sembra che sappia tutto!), ma non ho nessuna voglia di chiederglielo.
Il sapere o il non sapere mi è indifferente.

Stamattina è uscita prima dell'alba.
Mi sono svegliato e non c'era....sono stato preso dal panico....
e invece sullo specchio, con il rossetto, aveva lasciato un messaggio: "UN SORRISO".

È accanto a me, ora.
O almeno credo.
Che strano.
Ciò che era temporaneo, provvisorio sembra adesso "permanente".
ma ciò che è permanente in realtà è una continua mutazione.

L'impermanenza permanente....
(sto dando i numeri...ma che m'importa!)
Leggo con sorpresa ciò che scrivevo ieri.
Che buffo! Non ricordo niente, mi sembra di leggerlo per la prima volta.
Non so quanto durerà, ma in fondo,adesso, non me ne frega niente.
Sono come un bambino che scopre all'improvviso di non aver più paura del buio.

Chiudere gli occhi non ha alcun significato. che le palpebre siano alzate o abbassate fa lo stesso.
"Non c'è più giorno per me, né notte.
Ho ridato il sonno a Colei cui apparteneva.
Ho mandato il sonno a dormire, per sempre.
Amo la Sua oscura bellezza, amo il battito del Suo cuore, 
amo i suoi capelli arruffati....... 

Non c'è più giorno per me, né notte..."

.


domenica 20 settembre 2015

IL SESSO NELLO HATHAYOGAPRADIPIKA





TANTRA LA VIA DEL SESSO
Aldenia Edizioni
Parte Prima -  Cap. VIII, "LA LUCERNA DELLO YOGA"



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VIII – LA LUCERNA DELLO YOGA
Se vogliamo trovare la descrizione delle vere tecniche sessuali tantriche non dobbiamo cercare nel Kāmasūtra o in compendi sull’Arte Amatoria, ma nei manuali di haṭhayoga 1.
Tra questi il più antico e il più diffuso è lo Haṭhayogapradīpikā che nella terza parte descrive , con una chiarezza devastante, le pratiche erotiche.Niente a che vedere con lo sfogo, divertito e divertente di Indrāṇī o con le evoluzioni acrobatiche degli amanti del Kāmasūtra: lo Haṭhayogapradīpikā (“la Lucerna dello Haṭhayoga”) parla esclusivamente di cosa fare, di come farlo e di quali effetti si debbano sperimentare.Le istruzioni sono così chiare e dirette che non lasciano spazio a nessuna interpretazione simbolica o allegorica.
Per darne un’idea ho scelto alcuni versi particolarmente espliciti (tratti da Haṭhayogapradīpikā III, 87-96):

“[...] Che l’uomo si alleni a risucchiare lo sperma anche dopo che è stato versato all’interno della vagina[...]”
“[...] Il vero yogin risucchia con il pene [...] sia lo sperma che i fluidi sessuali femminili [...]”



Nell’unione tantrica, il maschio deve prendere in sé l’energia femminile, anche attraverso i fluidi vaginali. Li deve assorbire sia tramite bocca e lingua, sia con il glande.
Il glande, anche se la maggior parte degli uomini lo ignora, ha la possibilità, di suggere i liquidi.
Gli yogin si allenano risucchiando, con leggere contrazioni dei muscoli sottili del pene, latte tiepido o acqua e miele
Altri muscoli da scoprire ed allenare sono quelli dell’ano.
Sono divisi in cinque zone (come le narici: il naso e l’ano sono collegati, per lo yoga) corrispondenti ai cinque elementi (Spazio, Aria, Fuoco, Acqua e Terra) e bisogna imparare a muoverli sia tutti insieme (centro) che separatamente (zona inferiore, superiore, lato destro e lato sinistro).
La sensibilizzazione dei muscoli del glande permette l’assorbimento degli umori femminili, quella dei muscoli dell’ano ci consentirà invece di condurre “fisicamente” l’energia in alto, lungo la colonna vertebrale..

“[...] Dopo aver fatto l’amore, i due amanti devono ungere i loro corpi con lo sperma e i fluidi vaginali mescolati insieme e rimanere seduti in pace a godersi la loro gioia [...]”



Gli yogin assorbono gli ormoni e le sostanze nutrienti dei liquidi genitali in tutte le maniere possibili: non uno sola goccia di sperma e di secrezioni vaginali come vedremo in un altro brano deve andare perduta. Non mi pare che ci sia molto spazio per la fantasia: gli yogin (femmina e maschio) dello Haṭhayogapradīpikā non fanno l’amore per procreare, passare il tempo o sperimentare nuovi metodi per godere: il loro fine è l’identificazione con la divinità e con l’Universo.
Per loro l’erotismo è Arte e Scienza insieme.
È un libro pazzesco lo Haṭhayogapradīpikā: le sue parole hanno il potere di disciogliere come neve al sole molti luoghi comuni sul Sesso, sullo Yoga e sulla Filosofia indiana, e leggerlo con attenzione significa entrare in un mondo per noi alieno, privo di tutti riferimenti ideologici e culturali su cui si fonda la società odierna, il Mondo del Tantra.

domenica 13 settembre 2015

TANTRA LA VIA SEL SESSO - LA YOGHINI - Parte Prime, Cap.IX -




IX – LA YOGINĪ

La Dea, e la donna che ne è incarnazione vivente, è onnipresente nel Tantra.

Si respira il suo profumo ovunque, e, andando avanti nella lettura dello Haṭhayogapradīpikā si capisce che la protagonista assoluta delle tecniche sessuali è Lei, la yoginī.

III.99

“La donna che raggiunta la maestria nelle Arti del Sesso, contraendo i muscoli sottili della vagina, risucchia lo sperma e trattiene i propri fluidi vaginali, è una yoginī “

La yoginī non è una semplice praticante di yoga. In sanscrito con la parola, neutra, yogin si indicano i praticanti di entrambi i sessi, yoginī, invece, è la Donna realizzata, capace di condividere lo stato di ānanda, beatitudine suprema, col suo compagno, che viene chiamato, a volte, kanthādhārin, che significa “Sposo dell’Amata” o “Sposo della Sacerdotessa”.

La differenza di significato tra yogin e yoginī riflette le diverse caratteristiche e potenzialità dell’uomo e della donna.

Nel corpo femminile, non solo i canali energetici sono più morbidi e ampi, ma si trovano tre luoghi, detti vuoti creativi, in cui dimorano le “Grandi Madri”, le tre forme della Dea che incarnano il Vuoto, la Luce e il Suono.

La vagina è la dimora di Umā/Pārvatī, la” Madre del Vuoto e dell’Azione”, nel cuore risiede Lakṣmī “ Madre della Luce e della Conoscenza” e nella gola troviamo Sarasvati “Madre del Suono e del Desiderio”. La valenza operativa delle pratiche sessuali dipende in gran parte dalla relazione tra vagina, cuore e gola, e dal loro entrare in risonanza durante l’orgasmo femminile.

I tre vuoti creativi sono considerati tre Maṇḍala.

La vagina in particolare è detta “Maṇḍala Segreto”.

Per Maṇḍala si intende una rappresentazione grafica o tridimensionale dell’Universo, nella quale le tre forze primarie (Fuoco, Sole,

si combinano con le direzioni dello spazio, dando vita ai cinque elementi della fisica, alle cinque azioni fondamentali, alle cinque percezioni ecc. ecc. Scoprire le zone della vagina che corrispondono agli Elementi, e stimolarle nell’ordine della dissoluzione (Terra – Acqua – Fuoco – Aria - Spazio) e poi della manifestazione (Spazio – Aria - Fuoco – Acqua – Terra) significa svelare l’identità tra Microcosmo e Macrocosmo, tra il corpo degli amanti e l’Universo, trasformando, di fatto, l’atto sessuale nel Rito della Creazione.

sabato 12 settembre 2015

LOVERS























LA DANZATRICE DEL CIELO

PARTE PRIMA

Capitolo X - LA DANZATRICE DEL CIELO



Abbiamo visto (Hahayogapradīpikā III, 99),che la donna deve allenare i muscoli sottili della vagina, per risucchiare nel suo corpo lo sperma e i liquidi vaginali. La prima cosa che viene in mente è il pericolo di gravIānze indesiderate, ma pare che il rischio sia pressoché inesistente.
La praticante di yoga tantrico ha una sensibilità, una conoscenza dell’apparato riproduttivo e delle fasi legate alle lunazioni tali da poter decidere quando e se rimanere in cinta. La gravidanza a seguito di un rapporto sessuale tantrico è cosa estremamente rara, e il bambino (bambina) nato in quel frangente è considerato un individuo eccezionale, uno yoginībhū, generato da una yoginī.
A seconda delle fasi lunari vengono riconosciute 16 diverse condizioni della vagina, associate ai 16 suoni vocalici dell’alfabeto sanscrito, e ai 16 petali del cakra della gola. Come vedremo nelsūtra seguente il  legame tra suono, gola e organi genitali femminili è la chiave delle pratiche sessuali tantriche. 

III,100
"Nel suo corpo non andrà perduta una solo goccia di fluido femminile.
Nel suo corpo il suono assumerà la forma del seme".

Trovo che  il verso “Il suono assumerà la forma del seme” sia bellissimo.  Per lo Yoga tutto è musica. Un fiore, un gabbiano, una montagna, non sono altro che melodie cristallizzate e la creazione del Mondo  non è altro che la capacità di trasmutare il suono in materia.
Per il Tantra è il corpo della donna a custodire il segreto della trasmutazione.
Guardate l’ immagine sotto, tratta dalle tavole di Gray’s Anatomy: la somiglianza tra forma dell’ugola e quella della vagina è evidente.




Fig. 10 – Ugola , immagine tratta da Gray’s Anatomy

E non si tratta solo di una somiglianza formale: i suoni emessi dalla gola influenzano i movimenti della vagina e viceversa.
Per un’ostetrica è facile ad esempio verificare che l’emissione del suono “A” in una partoriente coincide con l’allargamento della vagina, l’emissione del suono “U con il restringimento e l’emissione del suono “M” con il passaggio intermedio tra le due fasi.
Per lo Yoga tantrico la A e la U  sono due delle sedici sillabe vocaliche (kalāinscritte nei petali del fiore di loto che rappresenta il plesso della gola, o viśuddha cakra.:  

      A - Ā - I - Ī - U- Ū - ṚṂ - ṜṂ - E - AI - O - AU - A - A
  







Fig. 11 - Cakra della Gola



Le sedici sillabe rimandano ai gemiti di piacere della donna, durante l’unione sessuale disegnando un percorso che va dall’eccitazione (A ) all’orgasmo (A).
Nel Tantra sono così importanti da essere considerate delle divinità chiamate Nitya[1] o  Mātka[2].
I nomi delle sedici Dee delle vocali sono assai evocativi:
la prima, A è KāmeśvarīSignora del Desiderio, la secondaĀ,si chiama Bhagamālinī  che si potrebbe tradurre con “Colei che fa Ghirlande con la Vagina”, la terza, I è  Nityaklinna  “l’Eternamente Bagnata” o “l’Eterna Umida” e così via, fino alla sedicesima, A, TripurasundarI.
Le sedici sillabe vocaliche sono chiamate Mātka perché hanno il potere, con il loro suono di dar vita alle consonanti e quindi alle parole e alle frasi, rendendole comprensibili. Il potere di generazione delle vocali è evidente in qualsiasi lingua del mondo: la coppia di consonanti “LT” per esempio in italiano non vuol dire niente, ma aggiungendo le vocali può assumere almeno una decina di significati diversi:  LATO – LATI – ALTO – ALTI – LOTO – LOTI – ALATO – ALATI – ALITO….
Per i tantrici il potere di generazione della parola e il potere di generazione della materia dimorano entrambi nel corpo femminile e sono espressione della medesima energia chiamata Śakti oKuṇḍalinī[3].

III,101
"Lo sperma e i fluidi vaginali mescolati all'interno del suo corpo, attraverso la pratica di 
vajrolī portano alla realizzazione finale".

Vajrolī mudrā (vedi “SECONDA PARTE”) è una pratica relativa ad un particolare canale energetico, Vajra ī che  dagli organi genitali risalendo lungo la colonna vertebrale, arriva alla ghiandola pituitaria (l’epifisi, posta nelle immediate vicinanze de chiasma ottico). Il legame tra la ghiandola pituitaria,  gli ormoni sessuali e i fluidi genitali, noto agli yogin da millenni, è stato scoperto dai nostri scienziati solo negli anni ’50 del XX secolo. Il sūtra pare suggerire un qualche collegamento tra ciò che chiamiamo Realizzazione o Illuminazione e la capacità di produrre neuro ormoni.

III,102
"E' una yoginī colei che risucchia il proprio fluido vaginale verso l'alto.
Conosce il passato e il futuro e danza nel cielo" 

“Colei che Danza nel Cielo” è una Dakini, una creatura divina che incarna le forze primarie della creazione. Letteralmente Dakinisignifica “mangiatrice di carne umana”, ma questo non vuol dire che praticando tantra si diventa antropofagi: la “carne umana di cui si cibano” le Dakini è la materia grossolana di cui è composto il loro corpo. Il sūtra parla di alcuni dei poteri psichici che emergono nella pratica, come la chiaroveggenza e la possibilità del viaggio astrale.


III.103
"La perfezione del corpo si ottiene con l'aspirazione dei fluidi vaginali e dello sperma.
Questo yoga porta alla realizzazione [anche] godendo dell'orgasmo".


Per “perfezione del corpo” si intendono la bellezza, la salute e la longevità.
Questo è un concetto importante. Nella nostra cultura basata sul dualismo platonico tra materia – spirito, si tende spesso a considerare il corpo, se non la prigione dell’anima, qualcosa di poco nobile, di impuro.
Per il tantrismo non c’è assolutamente differenza tra corpo e anima.
L’essere umano è Corpo, Parola e Mente, con  Parola che sta ad indicare  le energie vitali, e la Realizzazione consiste nell’integrare armoniosamente queste tre componenti, fino a scoprire l’identità tra Energia e Materia.
La Mente è sacra perché ogni pensiero nasce dalla Dea
La Parola è sacra perché ogni suono è un canto in Suo onore
Il Corpo è sacro perché in ogni organo, muscolo, cellula danza Lei,Kuṇḍalinī.che come ci dice il testo nel sūtra successivo non è altro che uno dei nomi della Dea:

III.104
"La tortuosa (Kutilangi), colei che si eleva (Ku
ṇḍalinī), il serpente femmina (Bhujangi), la Śakti, Isvari, Kundali, Arundhati non sono altro che sinonimi".
































[1] Nitya  può essere tradotto sia con “eterno” che con “necessario”, ”indispensabile”:sono le potenze che rendono possibile la manifestazione.
[2] mātṛka è la “madre” e in genere tutto ciò che ha il potere di generare.
[3] Le sedici Mātṛka, visto che sono legate ai gemiti di piacere della donna, sono anche chiamateKāmakalā, come le 64 arti dell’amore del Kāmasūtra (Danza, Arte della Spada, Arte di far parlare i pappagalli ecc.). I numeri 16 (4 x 4) e 64 (4 x 4 x 4) sono di vitale importanza nell’Arte e nella Scienza  dell’India antica.