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martedì 28 dicembre 2021

IL DESIDERIO CHE INGANNA LA MORTE

 


Ai nostri giorni per maṇḍala si intendono, in genere, o delle opere nate dall'estro di artisti new age e praticanti di yoga ispirati, che rappresentano la loro visione personale dell'universo e delle "energie cosmiche", o i bellissimi disegni di sabbia creati dai monaci tibetani con l'intento di distruggerli, in omaggio all'insegnamento dell'impermanenza.

A me piacciono entrambi (più i secondi devo dire...), ma credo che sarebbe interessante discutere del significato profondo di quella che, secondo me, non è, in origine, non solo almeno, una rappresentazione artistica di principi universali, ma un insegnamento alchemico, che nasconde, in alcuni casi,le istruzioni per "ingannare" malattia, vecchiaia e morte seguendo la via del desiderio carnale,descritto, nei testi tantrici, come la passione che risolve le passioni.

Non ho idea se sia vero che tali istruzioni possano assicurare la salute, la longevità e la "morte felice", ma approfittando del fatto che sto studiando un testo tantrico (il Sekkodeśa, nella traduzione di Raniero Gnoli e Giacomella Orofino,scaricabile gratuitamente dal sito di Academia.edu), ho buttato giù degli appunti sul  "maṇḍala di Vajrasattva".
Mi piacerebbe che coloro che si occupano di Tantra lo leggessero ed, eventualmente, lo commentassero.
Potrebbe essere una maniera per confrontarsi sul vero significato dei  maṇḍala, al di là delle opinioni personali, delle mode new age e degli interessanti, ma secondo me bizzarri,  esperimenti di Carl Gustav Jung.
Un sorriso,
P.


LA REALIZZAZIONE DEL MAṆḌALA


Nello Ṣaḍaṅgayoga dopo aver realizzato i “dieci segni” – fumo, miraggio, lucciola ecc. – ed aver “fissato” l’immagine che insorge, spontaneamente, dal “disco blu”, lo yogin, grazie allapratica del prāṇāyāma, dovrà arrestare la circolazione del prāṇa e dell’apāna nei tre canali sopra l’ombelico e nei tre canali sotto l’ombelico:

“35. Veduta l’immagine, lo yogin dovrà […] eseguire il controllo del soffio vitale […] arrestando il corpo, la parola e la mente nei tre canali, di sopra e di sotto,
36. […] che spirano per le vie della Luna, del Sole e di Rāhu, degli escrementi, dell’urina e del seme […] agli elementi acqua, fuoco, terra, aria e conoscenza […] fonte [di tutti gli altri]”.

Per comprendere il testo, a prima vista enigmatico, occorre considerare innanzitutto che nel tantrismo gli elementi di base, non sono cinque ma sei, e cioè:

-         Spazio o vuoto;
-         Aria;
-         Fuoco;
-         Acqua;
-         Terra;
-         Conoscenza.

I sei elementi combinandosi in vario modo, danno origine ai sette dhtu, ovvero gli “elementi radice”, o “tessuti radice” del corpo umano, ovvero:

1.     Linfa (rasa dhtu);
2.     Sangue (rakta dhtu);
3.     Muscoli (māṃsa dhtu);
4.     Grasso (medha dhtu);
5.     Ossa (Asthi dhtu);
6.     Midollo (majjā dhtu);
7.     Seme (śukra dhtu);

I sette dhtu - che vengono fatti corrispondere alle sette Dākinī e alle sette modalità di pronuncia delle sillabe sanscrite (gutturale, palatale ecc.) – formano a loro volta il corpo inteso come “Corpo, Parola e Mente”, ovvero l’insieme delle “possibilità di relazione con l’universo” dell’essere umano, intesi anch'essi, talvolta, come dhtu.

Nell'uomo e nella donna “corpo, parola e mente” sono legati a canali diversi, ma la cosa nei testi tantrici non è immediatamente comprensibile perché, uomo e donna sono denominati in genere, Upāya (“mezzo salvifico”, “rimedio”) e Prajñā (“saggezza”) e questo può generare confusione.

Bisogna considerare che nel Vajrayana – “sentiero del diamante”, ma anche “sentiero del pene” – la realizzazione più alta è l’identificazione con Vajrasattva che nei testi troveremo descritto come “essenza di vacuità e compassione”.

In realtà Vajrasattva è l’unione perfetta di maschile e femminile, con Vajra – “principio maschile” - che è definito di volta in volta:

-         Upāya (“mezzo salvifico”);
-         Ādheya (“ciò che è sostenuto”);
-         Karuṇā (“compassione”);

Mentre sattva – “principio femminile” – viene a sua volta definito:

-         Prajñā (“saggezza”);
-         Ādhara (“sostegno”);
-         Dharmodaya (“natura universale);

Simbolicamente il principio maschile, è rappresentato dalla sillaba “VAṂ”, che nei testi e nelle immagini in cui compare, e interpretabile con (e rappresentata da):

-         Il vajra;
-         Il pene eretto;
-         “Il grande piacere dell’unione”;
-         “La grande concupiscenza”;
-         “L’innato” o il “mai nato”;
-         “Il supremo immoto”;
-         “L’essenza del bindu”;
-         “La conoscenza”;
-         “La mente pura”;
-         “La compassione”;

A sua volta il principio femminile è rappresentato dalla sillaba “E”, che è legata alle seguenti parole o simboli grafici:

-         Il loto;
-         La vagina o “le parti segrete”;
-         “Il segreto” o “maṇḍala segreto”;
-         “Origine del Dharma”;
-         “L’elemento etereo”;
-         “La dimora del grande piacere”;
-         “Il trono del leone”;
-         “La matrice”;
-         “La saggezza”;

Continuiamo adesso la lettura del Sekkodeśa (nella traduzione di Raniero Gnoli e Giacomella Orofino):

“38. La Luna è il corpo del mezzo, il sole è la parola della saggezza, il canale degli escrementi è il corpo della saggezza e il canale dell’urina è la parola dell’onnipervadente [ossia del mezzo]”.

Il testo, in questa e nelle stanze seguenti, sta cominciando a tracciare il maṇḍala.

Ricordiamo che per il Kālacakratantra nel corpo umano ci sono sei canali fondamentali, tre sopra l’ombelico (da sinistra a destra: canale della Luna, canale di Rāhu, canale del Sole) e tre sotto l’ombelico (da sinistra a destra: canale dell’urina, canale delle feci e canale del seme); 
di questi sei tre appartengono al principio maschile – il “mezzo” –e tre appartengono al principio femminile – la “saggezza” – e ne costituiscono i rispettivi “corpo, parola e mente”.  

Un'altra nozione importante è che il principio maschile è relato al seme (śukra dhtu) e il principio femminile al sangue (rakta dhtu) per cui si parlerà di “corpo, parola, mente” del seme e di “corpo, parola, mente” del sangue.

Nel dettaglio per il principio maschile avremo:

1.     Canale della Luna (elemento Acqua), sinistra in alto, “corpo del seme”;
2.     Canale dell’urina (elemento Aria), sinistra in basso, “parola del seme”;
3.     Canale di Rāhu (elemento Spazio/Vuoto), centro in alto, “mente del seme”;

Per il principio femminile invece avremo:

1.     Canale degli escrementi (elemento Terra), centro in basso, “corpo del sangue”;
2.     Canale del Sole (elemento Fuoco), destra in alto, “parola del sangue”;
3.     Canale del seme (elemento della Conoscenza), destra in basso, mente del sangue.

I sei elementi, quindi sono così suddivisi:

-         Acqua, Aria e Spazio sono elementi costitutivi (Aṇga) del “mezzo” ovvero del principio maschile;

-         Terra, Fuoco e Conoscenza sono elementi costitutivi della “saggezza” ovvero del principio femminile.

In pratica lālana - il canale di sinistra sopra l’ombelico – e il canale degli escrementi – il canale al centro sotto l’ombelico diventano il “canale del corpo”, relato agli elementi Acqua (maschile) e Terra (femminile);

Rasanā - il canale di destra sopra l’ombelico – e il canale dell’urina – a sinistra sotto l’ombelico – diventano il “canale della parola” – relato agli elementi Aria (maschile) e Fuoco (femminile);

Avadhūtī - il canale al centro sopra l’ombelico – e il canale del seme – a destra sotto l’ombelico – diventano il “canale della mente”, relato agli elementi Spazio (maschile) e Conoscenza (femminile).

“Il canale di sinistra che sta in alto è la Luna […], conduce l’acqua ed è naturato dal Tathāgata Amithāba. Il canale di destra [che sta in alto] è il Sole […], conduce il fuoco ed è naturato dal Tathāgata Ratnasaṃbhava. Il canale di mezzo in basso è il canale degli escrementi, conduce la terra ed è naturato di Vairocana. Il canale di sinistra [in basso] è il canale dell’urina ed è naturato di Amogasiddhi. Il canale di mezzo che sta in alto […] conduce il vuoto ed è naturato di Akṣobhya. Questo stesso canale in basso, è il canale del seme a destra, che conduce la conoscenza ed è naturato di vajrasattva. Il canale degli escrementi si unifica in alto con la via della Luna perché formano un canale unico. Analogamente il canale del seme nei quattro momenti della nascita ecc. si unifica con Rāhu.”

Ogni canale è collegato a – o generato da – cinque “dhyani Buddha” o Tathāgata collegati alle “cinque emozioni negative” e a Vajrasattva collegato alla “passione suprema”, ovvero la “concupiscenza:

1.     Vairocana – ignoranza (moha), colore bianco;
2.     Ratnasaṃbhava – orgoglio (abhimāna), colore giallo;
3.     Amithāba – passione (rāga), colore rosso;
4.     Amoghasiddhi – gelosia (īrṣyā), colore verde;
5.     Akṣobhya o Heruka – rabbia (kroda), colore blu;
6.      Il sesto è appunto Vajrasattva legato alla concupiscenza intesa come “passione che spegne ogni altra passione”, di colore a volte blu scuro, a volte bianco.

I dhyani Buddha a loro volta sono collegati a:

-         Sei aggregati (skandha) ovvero forma, sensazioni, “conoscenza discriminante” o nozioni, volizioni, coscienza, conoscenza;
-         Sei elementi (bhūta), ovvero Terra, Acqua, Fuoco, Aria, Spazio e Conoscenza;
-         Sei organi di senso (indriya), ovvero naso, lingua, occhio, pelle, udito, mente;
-         Sei oggetti dei sensi (viṣaya), ovvero odorato, gusto, vista, tatto, suono e “insieme degli elementi” (dharmadhātu);
-         Sei organi di azione (karmendriya), ovvero ano, organi genitali, piede, mano, gola (parola), organo dell’urina;
-         Sei azioni (kriyā), ovvero evacuare, emettere il seme, camminare, afferrare, parlare, urinare.

Ognuno di questi 36 elementi è legato ad una divinità maschile (aggregati, organi dei sensi, organi di azione) o femminile (elementi, oggetti dei sensi, azioni) che viene rappresentata nei vari maṇḍala, dipinti o creati con la sabbia, della tradizione tibetana.



I maṇḍala, sono quindi rappresentazioni di processi fisici, e indicano indicano una qualche tecnica operativa.

Il testo che stiamo citando - Il Sekkodeśa (nella traduzione di Raniero Gnoli e Giacomella Orofino), continua descrivendo, la circolazione delle energie nei vari canali.

Durante la vita dell’essere umano, la circolazione delle energie avviene quasi esclusivamente nel “canale del corpo” (sinistra in alto e centro in basso) e nel “canale della parola” (a destra in alto e a sinistra in basso), mentre, nel “canale della mente” (centro in alto e a destra in basso) la circolazione avviene solo nei momenti della nascita, della morte e dell’atto sessuale e:

“42. […] Nell’equinozio e nel momento di passaggio del Sole [da un segno all’altro].”

La malattia, la vecchiaia e infine la morte, e quindi la “trasmigrazione dell’anima, avvengono per ciò che viene chiamato Ariṣṭa, una particolare configurazione astrale che dipende dal giorno di nascita.

L’Ariṣṭa, che può essere di Sole o di Luna, ha come effetto uno squilibrio del flusso energetico in uno dei canali che abbiamo definito canale del “corpo” e canale della “parola”, ovvero il canale della Luna (alto a sinistra), collegato al canale degli escrementi (al centro) e il canale del Sole, in alto a destra, collegato al canale dell’urina (in basso a sinistra).

Il testo parla di “spirazioni impetuose”, che, ripetute per un certo numero di giorni, portano alla dissoluzione progressiva degli elementi e quindi, dopo un periodo di tempo variabile (a seconda delle caratteristiche dell’ariṣṭa, alla morte, evento durante il quale, come abbiamo visto, l’energia scorre sole nel canale centrale (in realtà centrale in alto, e a destra in basso).

Nell'istante della morte nell'uomo “il sangue sale in alto e il seme scende in basso” lungo il canale centrale, mentre nella donna avviene il contrario (il seme sale in alto e il sangue scende in basso, sempre lungo il canale centrale).

La funzione delle tecniche tantriche è duplice:

Ingannare l’ariṣṭa, assicurando al praticante la salute e la longevità, e invertire nel momento della morte la circolazione delle energie portando il seme in alto e il sangue in basso (l’opposto per la donna).

Per ottenere questi risultati il praticante deve modificare il maṇḍala delle energie realizzando, con la pratica dello “yoga sessuale” o “l’eclissi di Sole e Luna”, ovvero bloccare il flusso nei canali di Sole e Luna ed “essenziare” di seme i cakra disposti nel canale centrale.

“77. Conosciute le caratteristiche dell’ariṣṭa [lo yogin] dovrà applicare il soffio vitale al bindu e, preso come base il piano dell’avadhūtī dovrà realizzare meditando il supremo immoto.”

“78. Di continuo [lo yogin] dovrà mantenere eretto il vajra, perché si ha [così] un’interruzione delle vie del Sole e della Luna, ché altrimenti il prāṇa non entra nel corpo dell’avadhūti,”

“79. Né in basso l’apāna nella śaṅkhinī [N.d.A. il canale in basso a destra]per cui si ha, esso non entrando,la morte. Questo metodo di ingannare l’ariṣṭa si accompagna per gli yogin con [varie specie di] diletti.”

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